mercoledì 14 novembre 2012

Stagioni


Solenne è il ciclo delle 
                             Stagioni,
delicato di mutamenti-confini
nel soliloquio ribelle d'un volto innocente,
che proietta l'anima sua
sul sole appena giunto e,
di rugiada è il colore 
                            Primavera.
Calo le membra in profumo distante,
con lo sguardo perso,
al di là del mondo reale,
sovrapponendo ciò che di giusto
si confonde allo sbaglio;
chiari, afosi bagliori
                            d'Estate,
esaltano occhi e corpo tutto,
vibrante nella danza del caldo e,
mentre accingo al cammino le orme pesanti,
un vento sospira da ovest
investendo le foglie di color arterie, di giallo,
viola, rosa e marroni,
in frenetico andirivieni di gocce uniformi,
che lacrimano lievi,
sognando-furbe, l'arrivo timido 
                           dell'Autunno
adorato e nostalgico di quiete
al sapor mandarino e stufa a legna ardente.
Un turbine squarcia in giardino la pace,
tutto è ovattato, in ascolto i richiami del vento,
i rami protesi-spogli, impazienti animali-umani
sulla soglia delle loro tane in attesa furtiva
sentono l'arrivo, la brama e maestosa discesa 
                          dell'Inverno,
con il freddo biancore ghiaccio,
paralizza ogni cosa e la rende
torbido velluto chiaro.
Caro amico ritrovato,
tanti mesi passati ad aspettare uno sguardo,
immenso come il tuo mentre impaziente
fremeva all'interno ansia di non rivederti.
Re delle stagioni, pre annunciatore di rinascita
cogli l'estremo fiore di perle scarlatte
che s'addice al tuo nome.

martedì 2 ottobre 2012

2

Sta di fatto che quel giorno presi il mio cavallo e me ne andai al galoppo, avevo diciannove anni ed ero sola, lascia quella casa di ricordi passati e sudici, di un tempo indegno d'essere vissuto da essere umano, tra scorze amare e aspre di un fratello fascista che usava il suo essere, così debole, per appiattire la mia coscienza con urla e pestaggi, a volte invani, ma a lungo andare, nel corso di quattro lunghi anni, decisivi.
Mi lasciai trasportare dal vento e la sua forza mi riempiva il viso di sferzante energia, mi sentivo una valchiria pronta a possedere il mondo, a portarmelo in grembo fino alla fine dei giorni, l'aria mi scompigliava i capelli mori, luccicanti al sole che ogni tanto compariva dalle nuvole sparse che s'aggiravano fra le campagne del nord.
Ero fiera, come il mio animale, marrone, bello, alto e vigoroso, con una criniera che s'univa alla mia in una danza speciale fatta di sobbalzi e tarantelle, fatta di unione al sapor di selvatico, corsi tranquilla, come se non fossi in fuga, ma solo libera, perchè questa era la realtà, ero libera di quella libertà che ti prendi tu, la prima scelta vitale, quella che ti permette di decidere chi sarai dopo, quel libero arbitrio che in effetti esiste e di cui tanto si parla, ma a stento si capisce, perchè la risposta che è un dono di Dio per molti basta a non pensare, ad accontentarsi che sia così, un po' come avere la testa nel sacco, quella testa la tolsi e guardai con occhi fieri il mondo che mi aspettava lontano, al di fuori da tutto anche da me.
Vagando guardavo il paesaggio e sapevo dove mi trovavo, cosa stavo attraversando, quei luoghi erano a me conosciuti ma ora, erano solo miei, nuovi e puri, rallentai il passo del cavallo e iniziai a trottare tranquilla guardando le zone circostanti dall'alto e tutto mi sembrava così puro e felice.
 Le nuvole al mio passaggio si  muovevano con fervore e nulla in loro mi diceva che avevo sbagliato; le zolle di terra appena arate erano profumate ed emanavo odor di humus, eravamo alla fine dell'estate, ora mai in ottobre inoltrato e tutto era silenzio, i monti guardavano circospetti il passo lento del mio andare e gli animali scappavano al passare di una così alta composizione animale, poveretti, non era mia intenzione spaventarli ma è la natura che li spinge a proteggersi e non si può cercar di convincere una cosa dettata da una sì profonda legge dell'interno che è l'istinto..
Cavalcai finchè il tramonto ebbe la meglio sul giorno e mi ritrovai in strada, decisi di andare a chiedere asilo ad una cara donna, che già aveva quattro figli, per un po' rimuginai se fosse una scelta giusta, quella di andare a disturbare i loro sonni ma alla fine, guardandomi indietro la risposta venne da sola, come un sussulto dal cuore, dietro di me c'era solo violenza, davanti a me, forse, c'era chi poteva amarmi.
Bussai alla porta e la donna bionda mi aprì, scorgendo in me, un'anima vaga e fiera ma triste e sola..

giovedì 27 settembre 2012

Su mia madre..

Penso che lei sia sempre stata al di là dell'amore per se stessa, un po' per ignoranza, un po' per crudeltà, come quando dovette decidere di sposarsi, non lo fece perchè aveva trovò il grande amore o perchè era incinta, lo fece per dispetto alla famiglia di mio padre, che a quanto ne so, fecero di tutto per eliminare il malocchio che lei gli aveva teso.
Mia nonna, con i suoi occhi verdi e grigi, come un temporale che s'imbatte nel lago, caldi e profondi come l'oscurità delle sue acque, tipici del nostro tratto somatico, era arrivata al punto, quando vi si recò per salutare la sua povera madre morta, di portarsi il caro figlio in Francia, per farlo benedire, ma fu tutto vano, ora mai il dado era tratto, lui cotto in un brodo senza fine e mia madre se lo sposò, senza amore, solo per l'arroganza di portarlo via ad una vita migliore, per affondare gli artigli nella carne rossa di persone che avevano capito chi era; da egoista e donna sola che ora si ritrova, come allora, non pensò a se stessa, chiusa in un guscio di peripezie e mondi alterni e dedichi al pensiero di come mettere gli uni contro gli altri, pensò solo a quel male e a quel dispetto che avrebbe creato nel cuore che non era suo, tirandosi la zappa sui piedi e facendo del male anche al proprio, godendo di quegli attimi in cui li avrebbe guardati negli occhi dicendosi: "Ce l'ho fatta, avete visto, ha scelto me"!, ma le scelte hanno le loro spine e queste già ardevano di fuoco ancor prima di spuntare tanto che mia madre, con il passare del tempo si ritrovò sempre più infelice e sempre più scarnita, all'età di ventinove anni, la mia di ora, la si vede in una fotografia, era il suo compleanno, triste e stufa, attorniata da bambini suoi e nipoti felici, pronta, già allora, a mollare tutto, ad abbandonare tutti, per andare alla ricerca di quello che il suo disprezzabile orgoglio gli impedì dieci anni prima, il vero amore, la felicità, nel corso degli anni come scusa all'abbandono la sentiì più e più volte dirmi: "Dovevo cercare me stessa, dovevo farmi la mia vita" mai una volta ammise ciò che la spinse a rovinarsela, mai ammetterà che il suo intrepido cuore duro e occhi di marmo siano stati la causa della sua infelicità e della sua solitudine, penso che non riuscirà mai a scoprire ciò che realmente è, perchè si cela dietro a dei castelli di carta raccolti dal vento e posati sulle sue labbra che altro non dicono se non scuse e delitti che altri le hanno fatto, mai una volta si è abbassata a chiedere perdono, perchè la cattiveria di cui è intrinseca fino al midollo più oscuro del suo involucro non glielo permette e la fa godere di questo aspetto, gode guardando le persone che vengono derise, le cameriere di un bar da maltrattare, le commesse da insultare, la gente da usare per i propri scopi vitali.
Una sanguisuga direi, che s'attacca nel momento del bisogno per non morire e poi, lenta lenta darti il colpo di grazie quando meno te lo aspetti, tra capo e collo, lasciandoti con un pugno di mosche in mano e tanto ancora da imparare sulla fiducia, sui caratteri e sulla verità degli uomini.
Sembriamo tutti angeli agli occhi di chi per un momento si avvicina a noi, mentre dentro coviamo alter eghi nascosti e meno noti degli aspetti positivi che crediamo di possedere, forse, se avrebbe ascoltato davvero il suo cuore non avrebbe passato gli ultimi cinquant'anni a vivere così, in malo modo, ferendo e lasciando sanguinare le sue vittime, ma raccogliendo e asciugando le lacrime che ha fatto versare. La sua maschera è ormai talmente fitta che la goduria, la lussuria che prova a vedere soffrire è più forte del sentimento pacifico che alberga nel suo interno, diventerà come sua madre, vivendo sola, vecchia, in un appartamento comunale con qualche d'uno che le porta il cibo a casa, preriscaldato, vedendo l'unico figlio che gli è rimasto, che la cura per avere da lei qualche soldo, esattamente come lei sta facendo or ora con mia nonna, spillando linfa economica per far si che qualcuno si occupi di te e ti stia accanto.
Cani che si mordono la coda e sanguinano e si fottono fra di loro, miscelando le loro anime spente in un garbuglio osceno di vite che si ripeteranno, ma se tutto va bene, la cosa dovrebbe finire lì, se figli miei o di parenti non prendono il loro dna tutto sarà finito con loro tre, ma bisognerà avere pazienza perchè mio fratello ha solo trenta quattro anni e la vita è lunga, c'è da sperare che in qualche maniera si dimentichino della mia esistenza, difficile a farsi, ora che ho in grembo un creatura e loro smaniano di averla solo ed esclusivamente nel nome del concetto che è loro diritto in quanto consanguinei, sembrano i padroni delle anime, ma sono solo padroni di loro stessi e forse nemmeno di quello visto che si nascondo dietro a bugie incolmabili e insormontabili.
Un fratello che molto probabilmente verrà a casa mia, per la prima volta nella sua vita, con una macchina fotografica per immortalare il frutto del mio ventre e non del mio seno, se ho capito bene da dove escono i bambini, per poi mostrarlo alle arpie del mondo, un elemento da sbarco che crede nella sua sola esistenza di maschio, tanto ridicolo che all'età di diciannove anni se non lo si chiamava fuhrer ti riempiva di botte: "Io sono il Fuhrer" urlava impetuoso nella casa sola e senza vita, in degrado, lasciata così dall'abbandono di una madre stolta, che non ha mai saputo tenere a freno la rabbia di quel figlio squilibrato, un'enciclopedia d'ignoranza e volgarità, nei suoi discorsi si sentono parole di dolore, di odio per gli altri e non solo per le razze differenti ma anche per il padre, per la sorella, per le persone vicine, sputano sempre in faccia ai fratelli, sputano un acido talmente letale da far scappare tutti lasciandoli a marcire nel loro sangue tumefatto di pus raffermo, pieno di croste d'avanzo d'amore, quello che raccolgono con un cucchiaino da un marciapiede quando passi e magari ti vedono.
Ho sempre pensato che non li avrei voluti accanto a me nel momento del bisogno e così è, anche se in effetti, non ci sono tante opzioni, perchè nel momento del bisogno si dileguano e ne approfittano, visto la tua debolezza per affondare una lancia nella tua schiena ricurva, in effetti ho ricordi di quando ero bambina e andavo in giro con mia mamma e mi dicevano che gli assomigliavo, mi si strizzava lo stomaco e dicevo di no, che assolutamente eravamo diverse e continuavano a ripetermi che era impossibile perchè eravamo due gocce d'acqua, ora, col senno di poi e a volte mi ritrovo nel pozzo, capisco che era un complimento estetico ma io già allora avevo un valore concreto, avevo già visto ciò che era lei e ciò che io non sarei mai voluta essere, un abisso senza fondo ci separa e ci separava e mi arrabbiavo quando udivo questi "complimenti", in questo momento capisco che era la non stima di lei, non la stimavo affatto e non la stimo nemmeno ora, mi accorgo che non lo mai stimata per quello che è, perchè quello che è non mi piace, ho creduto negli ultimi sette anni di potermi convincere che andasse bene così, ma purtroppo e per fortuna non si può fare, la malvagità non è in me, non so come mai ma nel mio dna non è entrata se non in piccola parte, come in ognuno di noi esiste quindi anche in me, non sono santa, non amo le ingiustizie le combatto profondamente, non amo gli abusi li ho solo subiti e li combatto e ho capito che non amo coloro che me li hanno inflitti, finalmente l'ho capito dopo vent'anni ce l'ho fatta, li ho perdonati ma non li amo e mi sento libera, perchè il mio perdono ha liberato me, del tipo: "Perdonali Signore perchè non sanno quello che fanno", io si lo so, io li perdono ma aiutali perchè loro non si rendono conto di come sono e cosa fanno, anime vaghe che stanno in piedi ad odio, mangiano pane e odio e piangono lacrime di coccodrillo, mandandoti malocchi o maledizioni affinchè tu diventi come loro e ti devi proteggere, cercando di non pensarli ed è difficile, perchè la loro presenza è costante, anche se non li vedi, sento l'energia di mia madre che aspetta, impaziente e forse avrà anche ricominciato a non dormire la notte, l'arrivo del mio bambino in cui arriverà tutta tronfia d'orgoglio e dovrà mangiarselo questa volta, perchè ora sono diventata una cane da guardia che azzanno, una bestia feroce che se li mangia, senza aver bisogno di cattiveria, solo ignorandoli, facendo finta che non esistono, non si può aprir la porta del paradiso tutte le volte che uno ritorna, il figliol prodigo, in questo caso, la mamma prodiga quando torna non chiede nemmeno scusa e di fare la buona sono stufa, non esistono più, la loro energia è forte ma io mi sorreggo sulle mie gambe e avanzo a grandi passi verso ciò che mi sono conquistata, amore, persone, famiglia, quella che ho scelto io, non è che abbia avuto molte altre opzioni se non quella di scappare a gambe levate alla prima occasione e grazie a dio, se esiste, trovai una donna bionda che mi accolse, forse con titubanza perchè la sua famiglia era affollata, forse perchè sapeva l'ira che si sarebbe scatenata, ma mi accolse e mi fece vivere, grazie a mia zia che lei so per certo che esiste, una donna bionda con gli occhi azzurri ghiaccio, ma non dal cuore gelido, gelido solo per coloro che infliggono dolore apposito, un giorno suo marito ci chiese come facevamo a vivere sapendo che le nostre madri ci avevano e ci maltrattano così, la nostra risposta fu quella più ovvia: "Viviamo con il pensiero di non diventare come loro, allontaniamo da noi il loro modo di essere per non prendere il minimo esempio e viviamo, finchè si respira si vive e quindi andiamo avanti, con un cuore trafitto, con enigmi e insicurezze che tanto sappiamo, forse, non si risolveranno se non con la sola consapevolezza che noi non siamo loro, ogni individuo è diverso dagli altri, solo se si fa plagiare diviene un tutt'uno con le molecole delle persone che gli sono accanto, altrimenti resta individuale a se stesso e con le proprie idee e non è il caso loro, tre generazioni andate a puttane nel marcio del marciume".
Sono così patetici che a volte mi vien da ridere al ricordo di come mi hanno trattato, poveri, mi vien da chiamarli poveri sciocchi, davvero non siete in grado di stare al mondo, attaccati alla materialità di fatti inventati, loro sì che riuscirebbero a scrivere un libro senza problemi, mi immagino mia madre che abbraccia mio fratello e lo bacia come se avesse dieci anni e gli dice che è bellissimo, cercando di recuperare il tempo perduto che aveva passato a prenderlo a cinghiate dimenticandosi che fino ad un anno fa era quello che, secondo lei, aveva bisogno di psicologi e di lavoro, ora è l'unico rimastogli traviato com'è se lo godrà fino a che finiranno i soldi, mai una volta, in tutti questi anni, che gli fosse venuto in mente di fargli una lavatrice, o preparagli da mangiare, no, lei sa dare solo briciole, basta che lei viva bene con il suo compagno e poi ti riempie di stronzate il cervello, fino a che soccombi e muori sotto il suo dominio, un'altra fuhrer, ecco da chi ha preso il giustone di mio fratello, spero che quei geni in me non nascano mai, ho una paura tremenda che possano risvegliarsi dentro di me, forse a volte è già successo ma so come scacciarli e schiacciarli, basta non avere intorno persone che fomentino odio e il bene esce, bisogna avere fiducia in se stessi e non in quello che si può ottenere con le zizzanie, perchè quello sono solo malinconiche richieste d'attenzioni insaziabili..
Leali Marusca.

venerdì 25 maggio 2012

Contagio d'amore

Nel ventre ti porto,


mio adorato

contagio d'amore.



Dormi in piccoli

involucri carta,

come fiori

di loto,

a volare sull'acqua,

verde di stagno.



E quel colore assopito,

d'energico richiamo,

ti desta un attimo,

ad uscire

dal siero bianco,

per udire ciò che le mani

accarezzano.



Figura forte di donna,

che asciuga le tue lacrime

stanche,

pronta al dolce richiamo

di specchi,

che genetici, fotocopiano il viso..

Leali Marusca..

mercoledì 21 marzo 2012

BUON SOLSTIZIO A TUTTI,
QUESTA GIORNATA è LA PIù LUNGA DELL'ANNO E NON VA SPRECATA, NEMMENO SE SI è AL LAVORO, VA GSTAT L'ENERGIA CHE FINALMENTE CAMBIA, S'EVOLVE IN BOLLE DI CALORE E RITMO D'ORMONI CHE ALEGGIANO NELL'ETERE A UNIRE NUOVE CELLULE CHE POI, SI MOLTIPLICHERANNO E HO QUESTO PENSIERO, SE OGGI AVESSIMO PENSIERI PROFONDI, DI QUALSIASI TIPO, LE NOSTRE PARTICELLE SI STACCHEREBBERO DA NOI, DALLA TESTA, DALLE BRACCIA, ALZANDOSI PIANO, COME VAPORE E SI ACCOPPIEREBEBRO AD ALTRE ALTRETTANTO BELLE, PIENE DI PENSIERI, UN PO' COME L'EFFETTO CHE HA L'ACQUA SE GLI MANDIAMO MESSAGGI D'AMORE, DI PACE, DI GUARIGIONE, TANTO DA POTERLA TRASFORMARE DA SALATA A DOLCE, ECCO, IN QUESTA MANIERA, SONO CONVINTA CHE TUTTE LE PARTICELLE SI UNIREBBERO, DANZANDO A QUESTO GIORNO, FINLAMENTE ARRIVATO DOPO UNA LUNGA ATTESA, DOPO UN LITURGICO LETARGO PASSATO A LECCARSI E ASSORBIRE OGNI TIPO DI ENERGIA.
ORA MI SEMBRA ARRIVATO IL MOMENTO DI LASCIARE ANDARE QUESTE SCORIE E FAR DANZARE LE NOSTRE AMICHE E FARGLI FARE L'AMORE CON L'ATMOSFERA IN MODO DA SCONFIGGERE ANCHE, LA DIOSSINA CHE CIRCOLA NELL'ARIA, COME SI SUOL DIRE: SE LA MANGIANO A COLAZIONE, E A NOI NON RESTA CHE GODERE DI QUESTO SPETTACOLO D'AMORE..
MARUSCA..

giovedì 1 marzo 2012

NUVOLE APPESE

Nuvole appese
a mollette colorate,
piccolo teatro vagante,
dove il muoversi
non è altro che l'inseguimento
di tendoni che si alzano, s'abbassano,
voltano lo sguardo lontano,
a rimirare la vita degli altri.
Telefilm a colori splendenti,
nel mondo perfetto,
ci si perde dentro
a questi sogni notturni,
che riportano a galla
nella gabbia bianca,
della vita lenta,
la morale farsa
che indietreggia svanendo
nel buco da dove esce il ragno

VOGLIA DI SILENZIO.. Sentimento che esplode la voglia di silenzio, malinconico acume d'ispirazione che se ne va annebbiato tra il p...