martedì 2 ottobre 2012

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Sta di fatto che quel giorno presi il mio cavallo e me ne andai al galoppo, avevo diciannove anni ed ero sola, lascia quella casa di ricordi passati e sudici, di un tempo indegno d'essere vissuto da essere umano, tra scorze amare e aspre di un fratello fascista che usava il suo essere, così debole, per appiattire la mia coscienza con urla e pestaggi, a volte invani, ma a lungo andare, nel corso di quattro lunghi anni, decisivi.
Mi lasciai trasportare dal vento e la sua forza mi riempiva il viso di sferzante energia, mi sentivo una valchiria pronta a possedere il mondo, a portarmelo in grembo fino alla fine dei giorni, l'aria mi scompigliava i capelli mori, luccicanti al sole che ogni tanto compariva dalle nuvole sparse che s'aggiravano fra le campagne del nord.
Ero fiera, come il mio animale, marrone, bello, alto e vigoroso, con una criniera che s'univa alla mia in una danza speciale fatta di sobbalzi e tarantelle, fatta di unione al sapor di selvatico, corsi tranquilla, come se non fossi in fuga, ma solo libera, perchè questa era la realtà, ero libera di quella libertà che ti prendi tu, la prima scelta vitale, quella che ti permette di decidere chi sarai dopo, quel libero arbitrio che in effetti esiste e di cui tanto si parla, ma a stento si capisce, perchè la risposta che è un dono di Dio per molti basta a non pensare, ad accontentarsi che sia così, un po' come avere la testa nel sacco, quella testa la tolsi e guardai con occhi fieri il mondo che mi aspettava lontano, al di fuori da tutto anche da me.
Vagando guardavo il paesaggio e sapevo dove mi trovavo, cosa stavo attraversando, quei luoghi erano a me conosciuti ma ora, erano solo miei, nuovi e puri, rallentai il passo del cavallo e iniziai a trottare tranquilla guardando le zone circostanti dall'alto e tutto mi sembrava così puro e felice.
 Le nuvole al mio passaggio si  muovevano con fervore e nulla in loro mi diceva che avevo sbagliato; le zolle di terra appena arate erano profumate ed emanavo odor di humus, eravamo alla fine dell'estate, ora mai in ottobre inoltrato e tutto era silenzio, i monti guardavano circospetti il passo lento del mio andare e gli animali scappavano al passare di una così alta composizione animale, poveretti, non era mia intenzione spaventarli ma è la natura che li spinge a proteggersi e non si può cercar di convincere una cosa dettata da una sì profonda legge dell'interno che è l'istinto..
Cavalcai finchè il tramonto ebbe la meglio sul giorno e mi ritrovai in strada, decisi di andare a chiedere asilo ad una cara donna, che già aveva quattro figli, per un po' rimuginai se fosse una scelta giusta, quella di andare a disturbare i loro sonni ma alla fine, guardandomi indietro la risposta venne da sola, come un sussulto dal cuore, dietro di me c'era solo violenza, davanti a me, forse, c'era chi poteva amarmi.
Bussai alla porta e la donna bionda mi aprì, scorgendo in me, un'anima vaga e fiera ma triste e sola..

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